Si riceve l'assegno prima dell'età pensionabile e il "prestito" non si restituisce
Debutta sulla scena previdenziale italiana l’Ape, cioè il
prestito in base al quale i lavoratori se vogliono possono chiedere di andare
in pensione quasi quattro anni prima della normale età pensionabile (oggi
fissata a 66 anni + 7 mesi per gli uomini). Fondamentalmente il prestito si
divide in due grosse e ben distinte componenti: la cosiddetta Ape sociale e Ape
volontaria.
Prestito senza
restituzione
La prima forma è un grande “affare” per i lavoratori
indicati dalla legge, tra i quali anche persone che da sempre o negli ultimi
tempi abbiano svolto lavoro domestico in qualità di colf e badanti. Benché si
tratti giuridicamente di un prestito, non
si paga alcuna restituzione. E’ una specie di “prestito a perdere”, perché la restituzione alle banca che paga la
prestazione all’interessato (attraverso l’Inps) se la carica lo Stato, compreso
capitale, interessi bancari e polizza assicurativa. A queste condizioni
possiamo parlare di un vero e proprio pre-pensionamento
gratuito, che supera le restrizioni della riforma Fornero.
I requisiti richiesti
per ottenere l'Ape
Per avere l’Ape è necessario rispondere a specifici
requisiti. Iniziamo dal quadro generale
valido per tutti.
A) Il periodo in vigore va dal prossimo mese di maggio a
dicembre 2018.
B) in questo periodo si può chiedere la pensione con 63 anni di età.
C) L’anticipo del pensionamento deve essere come minimo di 6
mesi e come massimo di 3 anni + 7 mesi.
D) Occorre avere versato 30-36 anni di contributi, come meglio vedremo appresso.
E) La futura pensione liquidata dall’Inps al termine
dell’Ape non deve superare la somma
mensile lorda di 1.500 euro.
F) Ulteriore beneficio: si
può lavorare nel frattempo, a condizione di non superare 8 mila euro annui
se è lavoro dipendente, e 4.800 euro se è lavoro autonomo.
G) L’Ape è esente da
Irpef, per cui tutti i soldi finiscono in tasca ai lavoratori, i quali, se
non hanno altri redditi soggetti a tassa, per tutto quel periodo sono esenti
dal fisco.
La rata mensile
Circa la misura della pensione è l’Inps che certifica l’esatta rata mensile all’atto della domanda
in relazione alla situazione retributiva e contributiva dell’interessato. E se
il risultato offre una rata di importo superiore la richiesta viene bocciata.
Chi ne ha diritto
Questa pensione è riservata a determinate persone. Quali
sono esattamente? Dobbiamo dividerle in
due gruppi.
1. Quelli che possono avere la pensione solo se
hanno almeno 30 anni di contributi
- disoccupati di lungo periodo (per licenziamento, dimissioni per giusta causa) che hanno consumato gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dall’Inps a titolo di indennità di disoccupazione e sono senza più sussidi da almeno 3 mesi;
- lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa – accertata dalle commissioni per l’invalidità civile - di almeno il 74%;
- chi assiste al momento della domanda e da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado (genitore, figlio) convivente con handicap grave.
2. Quelli che invece devono avere almeno 36 anni di contributi. Si tratta di lavoratori dipendenti
che svolgono una professione pesante e rischiosa svolta in modo continuativo da
almeno sei anni. Ecco gli interessati:
- industria estrattiva, edilizia, manutenzione edifici;
- conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e pellicce;
- ferrovie: conduttori e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- badanti di persone non autosufficienti;
- professori scuola pre-primaria;
- facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.
Fonte: http://m.ilgazzettino.it/economia/articolo-2198698.html
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